giovedì

DIS-educazione sentimentale di un piccolo omosessuale. 2° parte


 A undici anni vedere i gay in tv o al cinema mi metteva a disagio, anche perché erano sempre rappresentati come checche sfrante, macchiette di uomini brutti che si vestivano in modo ridicolo e anche se Ivan Cattaneo e Renato Zero erano degli artisti famosi, certo non aiutavano la mia causa.
Alle medie, come gli altri compagni, cercavo di omologarmi con modi di dire, forme di pensiero, atteggiamenti e ovviamente l'abbigliamento, seguivo molto la cultura pop, era il mio  rifugio preferito di evasione e quando vedevo i cantanti a Disco-ring o a Super Classifica Show, osservavo e studiavo quello che indossavano...anche troppo!
La mia famiglia stava inconsapevolmente avanti, adoravano la mia eccentricità e mio padre sottolineava spesso con gli amici e parenti che suo figlio era un artista, "Ale è un artista, disegna benissimo, balla benissimo e fino a che non trova quello che dice lui a proposito di abbigliamento, preferisce non comprarsi niente, ha solo undici anni ed è già così determinato
Ecco era bastato reinterpretare lo stile “studente delle medie di periferia” aggiungendoci del mio; Era bastato essere semplicemente più trendy di quelli presunti trendy...e già alla fine della prima media alcuni mi chiamavano il frocio della sezione F.
Abituare le menti fin da piccole a pensare al mondo maschile e quello femminile differenziandoli in due enormi gruppi, quello azzurro (che pensa azzurro) e quello rosa (che pensa rosa) è avvilente e castrante; io sono convinto che se tutti i ragazzini etero e omo avessero punti di riferimento nell'arte, nello sport e nella politica raccontati naturalmente, privi di omofobia e sessismo ( ad esempio io l'ho scoperto da grande che Alessandro Magno e Martina Navratilova erano gay.), ci sarebbero più stilisti ed etoile eterosessuali e più calciatori e carburatoristi omosessuali.
Il mio rifiuto non era verso il mondo maschile, io mi sono sempre sentito e riconosciuto come maschio, ma verso quella rappresentazione della mascolinità rozza, priva di delicatezza e complessità di pensiero, che per molti ragazzini ancora oggi, è il modello di riferimento più popolare e seducente, proprio perché fa leva sul disprezzo delle debolezze e a quella età, tutto vorremmo essere tranne che considerati deboli.
Dovevo correre ai ripari, fidanzarmi sarebbe stata la soluzione. Io sono di carattere socievole, simpatico, aperto al dialogo e poi ero veramente carino, insomma le fidanzatine arrivarono, e arrivarono anche tante amiche: mi trovavano irresistibile, perché ero come Anthony di Candy Candy, un ragazzino metrosessuale, curato che non puzzava di sebo e sudore  (come la maggior parte dei maschi nella pubertà), che gli piaceva la musica e il gossip, per una ragazzina di dodici anni io ero la “cosa più sghicia” che le potesse capitare; Quei maschi invece che puzzavano sempre e sempre indossavano la tuta da ginnastica , mi odiavano e più di una volta mi sono trovato li li per fare a botte, ma poi finiva tutto con <A frociooooo ! > e con la mia risposta evergreen < Si vabbè portami tua sorellaaaa ! >
In tre anni di medie non avevo purtroppo mai provato l'esperienza della cotta,  dell'infatuazione... avevo  però imparato ad usare l'ironia come arma da difesa, avevo capito che dovevo mentire alle ragazze, rendendole  (inconsapevolmente) quasi tutte  future potenziali Fag Hag! :)
Nel frattempo prendevo in giro tutti quelli che secondo me lo sembravanio (pur di distogliere l'attenzione su la mia omosessualità  ), secchioni e timidi compresi... Ma sotto la sovrastruttura, ero un ragazzino con frequenti crisi di pianto e attacchi di ira e con un senso di colpa ancora più radicato e lucido che mai; Un  ragazzino represso, che per sopravvivere in una società basica, classista  e tribale come quella delle medie ( con professori che alimentavano tabù e pensieri qualunquisti ) avevo imparato la cosa fondamentale, Simulare !

Poi,  crescendo,  mi sono impegnato a rimettere le cose a posto e  dopo tanti anni di ricerche e tentativi, ormai adulto, ho compreso che in realtà ero sempre stato una persona degna di amare, anche quando ero giovane ; Così mi sono finalmente innamorato!... e l'ho pure sposato :)... e   a 'fanculo gli omofobi !

..dopo molti anni, parlando con i miei---> (clicca quì)




martedì

TUTTO E' BENE.... (gennaio 2012)

Il nostro viaggio di nozze stava terminando, i giorni non erano passati così velocemente, un mese in Brasile tra camminate arrampicate e nuotate, aveva dato i suoi frutti, psicologicamete eravamo rigenerati e fisicemente, bhè, eravamo tonici, dimagriti e abbronzati, ci godevamo quel momento di narcisismo, sapendo che da li ad un mese, saremo tornati preoccupati, sovrappeso e bianchi come la morte.
La nostra tappa finale era stata Ilha Grande, un' isola senza auto, con una natura disarmante, grassa, verde, piena di animali liberi, Capirinha da k.o. e con una delle dieci spiagge più belle del mondo a tre ore da Rio de Janeiro.
Il viaggio di ritorno era iniziato bene, la barca che ci portva sulla terra ferma era in orario, dopotutto avevamo cinque ore prima che il volo partisse.
Giunti al porticciolo il pulman superconfort, visto in foto c'era, ma era in scala, un piccolo scuola-bus modificato, sedili stretti anche per le mie gambe, che non sono certo lunghissime... neanche lunghe.
Il gruppo di turisti (noi) inizia a lamentrsi, ma l'autista già ubriaco ci fa sedere e partiamo.
Per alcuni Svedesi è impossibile stare seduti, i ragazzi si rialzano e continuano a discutere prima tra di loro e poi con l'autista, che (vi avevo detto che era ubriaco?) gira la testa per rispondere e...andiamo fuori strada; Attimi di terrore e silenzio, lui come se niete fosse rimette in moto e ripartiamo....la tensione è allarmante, una ragazza incinta piange e dice che vuole scendere, il compagno urla all'autista di fermarsi, ma lui sorride con quella faccia da narcotrafficante e cerca di rassicurarci..non è convincente!
Pensate che sia finita qui? Sbagliate, dopo pochi kilometri si buca una gomma, il pulmino rallenta, ma prosegue, Eduardo gli intima di fermarsi e come risposta l'autista ubriaco, girando la testa , di nuovo verso di noi, ci dice a brutto muso < Sono io l'autista, so quello che faccio, le ruote sono doppie chiaroo!!??non fa intempo a dirlo e sbanda di nuovo! Adesso basta, tutti i passeggeri iniziano ad urlare e inveire,  < fermati, o chiamiamo la polizia!!!inizia anche a piovere...parecchio, l'autista ubriaco alla fine si arrende e ad una piazzola decide di liberare i suoi ostaggi.
Noi superstiti, ci siamo divisi in gruppetti, che dopo aver ripreso i bagagli e baciato a terra, tentiamo di riparaci sotto le pensiline di legno.Ci vorrà un'ora prima che arrivi il bus sostitutivo , siamo solo a metà strada e mancano tre ore ...potremmo perdere l'aereo, Edu esclama <Piano B!> io lo guardo amaliato, è il mio eroe, <Hai un piano B?>... <Certo, chiamo un taxi >...sembra facile, raggiungiamo a piedi la pompa di benzina e chiediamo informazioni ad un ragazzino che ci da un numero di telefono di un autista privato, lo chiamiamo e naturalmente, ci risponde che ha bevuto troppo e non se la sente di guidare (almeno lui ha la conpiacenza di restarsene a casa ), però ci da un altro numero; sta volta l'autista non ha bevuto e in venti minuti arriva per portarci in areoporto.
La macchina è comoda, pulita e confortevole, il signore alla guida, rassicurante ed educato, possiamo rilassarci, fuori piove a dirotto e durante il tragitto ci spiega che di domenica, (ed era domenica) tutti vanno fuori e bevono e il pomeriggio quando rientrano, fanno gli incidenti, neanche a farlo a posta, mentre lo dice passiamo davanti ad una macchna attaccata ad un palo, con altre due incastrate dietro, sirene della polizia, persone che litigano e traffico rallentato, ne conteremo ben quattro di incidenti, prima di arrivare sani, salvi  e appena in tempo, all'areoporto internazionale Antonio Carlos Jobim.
Stanchi e rattristati, non volevamo lasciare così quel magnifico paese, non con quel mood, un mese bellissimo, non poteva chiudersi come una qualsiasi disavventura sul Raccordo Anulare il giorno di pasquetta.
Edu, sfoderando il suo fascino da romano in vacanza, chiede all'hostess del ceek in < Io e il mio compagno, stiamo tornando dal viaggio di nozze, ma è vera quella leggenda che dice, che se ci sono posti in prima classe, uno strappetto alla regola lo potete fare?...abbiamo passato le ultime ore in uno stato emotivo orribile....please lo diceva con l'epressione da Puttino, con un delicato sorriso infantile, ma non fu sufficente < Mi dispiace siamo pieni, pensi che, chi arriva tardi, rischia anche di restare a terra >
Durante la prima ora di volo, uno stuart, alto e dinoccolato si avvicina alle nostre poltrone e soridendo educatamente chiede <Mr.Eduardo Barbaro?> Edu risponde e lui gli porge due pacchetti <Con gli auguri di un felice matrimonio, da parte dello staff di volo, le porgiamo un cadot, per lei e per sua moglie>, mentre lo diceva osservava prima me e poi la vecchia ottuagenaria tedesca che sedeva tramortita accanto ad Edu e la sua voce divenne insicura e stridula...io presi il pacchetto dalle sue mani e lo aprii, dentro c'erano delle pantofoline, una camicia da notte e un latte detergente, lo stuart era imbarazzato e io ridendo gli chiesi <Ma è sicuro che sia la mia taglia?ridemmo di cuore, ridemmo così tanto che lo stuart si mise in ginocchio, poi prendendo fiato e componendosi ci disse <avrei dovuto chiedere più dettagli prima di venire da voi, sono sorpreso positivamente, siete una coppia bella e simpatica, tra due settimane anche io mi unirò civilmente e anche se non è professionale a voi posso dirlo, il mio futuro compagno, è il pilota di questo aereo>
Ok. il nostro umore era risalito ...ad alta quota e il viaggio di ritorno fu perfetto. All'uscita dell'aereo, lo stuart salutava tutti compostamente, ma a noi no, ci strise la mano e ci baciò le guance, poi con un gesto della testa ci indicò la cabina aperta, dentro si intravedeva un uomo sulla quarantina, distinto e con la divisa da pilota, sussurrai allo stuart < But, he's so beautiful > e lui diventando rosso movendo solo le labbra rispose < i know >.
il nostro viaggio di nozze era finito, da li a poco sarebbe toccato allo stuart e al pilota e mai come per loro “Love is in the air”

ps: la compagnia è Lufthansa





giovedì

MISS NEBRASKA, LA VITA, IL PICNIC.

Silvia ha compiuto gli anni, con Marco, il suo compagno, hanno organizzato un pic-nic e succede che  un invito a un compleanno all'aperto può rivelarsi più significativo del previsto.
Oggi mio marito è particolarmente su di giri, ha avuto una settimana piena, tra spostamenti, fiere e riunioni interminabili e appena ha potuto, è corso da me per il week end. Quando torna nella nostra casa romana, i primi minuti è sempre sopraffatto dalla nostalgia e cerca subito di riappropriarsi degli spazi, sull'uscio dice ad alta voce <ciao casa!>, poi  appoggia la valigia al corridoio, butta la giacca su divano, si toglie le scarpe in camera da letto e osserva se ci sono novità o cambiamenti, lo fa ogni volta, è il suo rito personale. 

<Regalino? Preso! Bottiglia di vino? Presa! >… Ok non ci resta che raggiungerli a Villa Celimontana, un rigogliosissimo parco pubblico adiacente al Colosseo. E' mezzogiorno ed è una bella giornata di fine inverno.
Per me ed Edu è eccitante stare in macchina, con i finestrini abbassati, maniche di camicia arrotolate, ascoltando rock per le strade di Roma; mentre guido,  con la mano destra batto il tempo sul  suo ginocchio: per noi che viviamo spesso a distanza, questi sono momenti preziosi, momenti da ricordare.
Parcheggiata la vecchia Ka sotto le mura della villa, mentre andiamo verso l'entrata, Edu si ferma e si guarda in torno, <Ogni volta rimango sorpreso di quanto può essere bella questa città>.
Poi rileggiamo l'sms,  come entrate, prendete il viale a destra, tanto ci vedete , l'atmosfera all'interno  del parco è la tipica atmosfera domenicale, un gruppo di pensionati fa yoga, il classico venditore di palloncini, bambini che corrono, genitori che li chiamano, adolescenti che pomiciano e giù in fondo, tra  gli alberi di Leccio e quelli di Alloro, scorgiamo un tavolo apribile con bottiglie di vino e contenitori di alluminio, poco distante teli e plaid colorati, mi ricordano un quadro di Mondrian, dove sopra sono sdraiati in pose più o meno plastiche i nostri amici.


I saluti e gli abbracci sono veri, caldi e sentiti, gli auguri a Silvia pure.
Il tempo passa così, tranquillo con i tempi giusti, un po’ alla volta arrivano gli altri e le chiacchiere si fanno sempre più fitte e varie, si formano gruppetti, poi si disfano e se ne formano altri,  tutti noi abbiamo l'urgenza di comunicare, di scambiarci affetto, di preoccuparci e prenderci cura, tra una risata e un piantarello, gli uni degli altri. Non è un periodo facile, la crisi c'è e bene o male, ci ha investito tutti, ma c'e' anche la volontà di superarla.
Sara è di nuovo incinta e visto il risultato del precedente, spero che ne faccia almeno altri venti; Elisa e Yari hanno aperto un mutuo e si stanno comprando una casa, dove amarsi e invecchiare; Piero e Giulio sono tornati da pochi giorni dall'Australia con Penelope, la loro bambina avuta con una gravidanza surrogata, una signora ci ha messo l'ovulo, un'altra l'utero e loro a vederli dai sorrisi e dalla delicatezza con cui la proteggono, ci stanno mettendo tutto l'amore del mondo, Paola invece, dopo un matrimonio concluso, cerca di prenderla alla leggera, e con il suo nuovo compagno, vivono separati e per vedersi si danno gli appuntamenti e percependo quanto lui sia innamorato, la strategia è vincente.  Silvia e Marco ci hanno fatto proprio un bel regalo. Edu in tutto questo è felice, ride, beve e fa battute, è il suo modo per esorcizzare questa sottile commozione che è nell'aria, felici e commossi in fondo lo  siamo un po’  tutti, è una condizione momentanea, ma ormai è in circolo e ce la godiamo. 


Tra poche ore Edu riparte per Dublino, lo accompagnerò all'aeroporto come sempre e come sempre ci baceremo simulando leggerezza, e come sempre tornando in macchina mi farò un rapido calcolo di quanti giorni passeranno primo che lo riabbracci di nuovo, prima che risenta il suo respiro sul mio collo.


Vengo attraversato da  un pensiero semplice, stupido, uno di quei pensieri che potrebbe formulare una Miss Nebraska qualsiasi, alla domanda formulata dalla giuria di Miss  America... < Miss Nebraska, secondo lei, come va vissuta la vita ?>  … < La vita, per me va vissuta come se fosse un picnic, un lungo pranzo all'aperto dove saziarsi per poi sdraiarsi su un plaid, chiudere gli occhi e percepire il sole che piano piano tramonta.>
Ecco, davanti alla caducità dell' esistenza; Guerre, violenze e arroganze perdono completamente di significato. 
Dovremmo pensare più spesso a quell'ultimo giorno che ci attende, quando girando la testa daremo un'ultima occhiata con  la rassicurante consapevolezza che tutto finisce e quel vissuto che abbiamo condiviso appartiene solo a noi e alle persone che lasciamo, appartiene a noi e al ricordo di quelli che ci hanno lasciato. 
Non so se c'è un aldilà, trovo buffo pensare che il nostro scopo sia solo quello di riprodurci e trovo strano che un Dio abbia dato delle linee guida a volte così classiste e violente…Io davanti a tutte queste supposizioni, dubbi, davanti a queste domande con tantissime risposte possibili, io voglio darmi la stessa risposta semplice e stupida,  che darebbe la solita Miss Nebraska < Penso che il nostro, compito, il nostro scopo nell'universo, sia uno e uno solo…. amare e condividere!>

lunedì

THE FUNERAL.

Parlando con Edu di zii e parenti (di quegli zii e parenti che fanno parta della tua infanzia e che poi, senza motivo apparente,  crescendo li perdi di vista); mi ricordai della sorella di mio padre e di quello strano giorno  in cui le dissi addio per l'ultima volta...
 Mia zia Rosa è morta diversi anni fa', mori di un insieme di cose messe insieme, mori seduta con un braccio poggiato sul tavolo e l'altro ciondoloni mentre impugnava l'ultima sigaretta, l'infermiera della clinica dove l'avevano ricoverata, l'ha trovata così, morta come petrebbe morire il Cowboy buono in un film di Sergio Leone. I funerali si svolsero la domenica successiva.

Il sabato sera ero uscito e avevo bevuto molto per esorcizzare una rottura sentimentale; fatto sta che al funerale ero in uno stato pietoso, in pieno hung-over, i parenti vedendomi in quella condizione mi abbracciavano e mi accarezzavano fraintendendo... mentre il dolore composto del figlio  passava quasi inosservato.

Nella bara ancora aperta vedevo il corpo di mia zia. In un tailleur scuro, la sua piccola figura sovrappeso sembrava ancora più tozza,  la pelle del viso e delle mani aveva assunto un colorito  giallo ocra, ed aveva sul volto una smorfia, come se fosse infastidita da tutta quella gente.
 Restai li in piedi per un pò, con le mani appoggiate sul bordo della cassa e la testa declinata verso di lei, sembrava che la osservassi intensamente... ma in realtà i miei pensieri erano altrove.
 Mia madre, vedendomi  triste e assorto, mi venne vicino  con l'intento di consolarmi e  con voce dolce mi sussurrò, <... Hai visto come è bella? > , mi girai lentamente e sgranando gli occhi,  le risposi sottovoce, < ... Ma che dici... è identica a Homer Simpson >  iniziammo a ridere, quel riso che non riesci a trattenere e più sei conscio che non devi ridere e più ridi,  nel frattempo,  alcuni presenti, iniziavano a girarsi  verso di noi,  disturbati e incuriositi da quei suoni strozzati  e acuti... Ma prontamente io e mia madre ci abbracciammo, simulando così un  commosso  pianto di circostanza.

giovedì

IL COMING -OUT DI EDUARDO 2°parte. febbraio 2006

Ecco, Edu lo aveva appena detto, i genitori avevano saputo come stavano veramente le cose, adesso tutte le idee, le supposizioni, le mezze parole, i fraintendimenti, le bugie, le tensioni, i discorsi pilotati verso il niente, avevano trovato la giusta collocazione e il loro contenitore; la Verità... si lo so enfatizzare la Verità con la V maiuscola, fa tanto “colpo di teatro”, ma un piccolo dramma familiare, di fatto si era appena consumato. Senza scomodare Pirandello posso affermare con certezza che l'attore principale, smettendo di recitare il proprio ruolo, aveva creato scompiglio e confusione nel resto della compagnia... chiara la metafora ?
Se per molti omosessuali l'accettazione della propria natura, passa per il rifiuto, l'elaborazione, il travaglio e solo alla fine, appunto c'è l'accettazione; perchè dovrebbe essere diverso per i nostri genitori? Loro, che come noi, sono cresciuti in una cultura eterosessuale, con riferimenti etrosessuali, come noi, non sono stati abituati a vedere due uomini che si baciano per strada o (come succederà poi) vedere il proprio figlio che si sposa con il figlio di qualcun'altro, anche per loro, come lo è stato per molti di noi, la prima rezione e quasi sempre il rifiuto.
Comunque Edu stava tornando a casa e io lo stavo aspettando per consolarlo e confortarlo. Pedro inizia a scodinzolare e si avvicina alla porta, Edu è arrivato.
<Non è andata come mi aspettavo... non è andata proprio>, la curvatura delle spalle, la piega della bocca e quegli occhi, cosi spenti e languidi, erano più chiari ed esaustivi di qualsiasi discorso ad effetto.
Mi ricordo, eravamo sul divano, io seduto e lui con la testa appoggiata sulle mie gambe e Pedro sdraiato sulle sue, avevo messo un po di jazz, basso basso, tanto per smorzare la tensione delle pause e dei silenzi, in quella posizione, quasi da studio di psicanalisi, iniziò ad aprirsi.
Inaspettatamente mio padre è stato il più comprensivo, mi ha detto che il dispacere più grande è stato quello di non essermi stato vicino in questo periodo così duro per il mio percorso, mentre lo diceva, il cuore mi è arrivato alle stelle e ho pensato ..è fatta!!! Mi giro verso mia madre ….e invece di ritrovarla, al suo posto c'èra una sfinge, pietrificata e fredda, che con tono neutro mi ha detto : non posso accettarlo, è contrario alla mia religione, capitolo chiuso.>

Parlando con Edu, mi ricordai che anche a mio padre, quando glie lo dissi eravamo in macchina, la prima reazione fu, <Ma che vai con gli uomini? Ammazza che schifo!>,  con le mani rigide sul volante e il volto pallido, non mi rivolse la parola per tutto il tragitto, anche io in quel momento pensavo di non avere più un padre e anche il mio amato padre in quel momento pensava di non avere più suo figlio.
Il lavoro grosso, è demolire i preconcetti, è far comprendere che non esiste una categoria, quella dei froci, ma esiste una sola categoria, quella umana, composta da un pò di tutto, trasversalmente e che etichette come etero, omo, trans, intersex e bisex, (sicuramente dimentico qualcuno) sono classificazioni che vanno bene per studi sociologici e per articoli di giornale, ma che quando si tratta di te, della tua famiglia, dell'amore che tu hai per loro e loro per te...tutto questo dividere, ragruppare, omologare, perde di significato. Davanti ai ricordi delle vacanze, al primo dentino perso, al primo giorno che impari ad andare in bici senza rotelle, davanti a l'autoscatto fatto a pasquetta, mentre siamo uniti in un unico abbraccio, stretto stretto per entrare nell'inquadratura...è davanti a quel album di famiglia, che dobbiamo zittirci, perché è lui che parla per tutti noi, sia gli arrabbiati che i delusi dovrebbero delicatamente, intimamente, rivolgersi a “L'album di famiglia” è quello il nostro personale libro sacro...e ogni famiglia ne ha uno.

I mesi passavano, Edu ovviamente continuava a vedere i suoi genitori e sempre più spesso parlava di noi, anche se ancora non mi volevano conoscere, era chiaro che quel rosso acceso che c'èra dell'inizio, cosi penetrante e insostenibile, era destinato a sfumare in un rosa decisamente più rilassante.

Dopo un primo rifiuto, aiutata e sostenuta dal marito, dalla figlia e dal figlio (Edu),  iniziò una lenta ma continua elaborazione, poi ricodificò l'immagine del figlio, che le ha dato e le da tantissime soddisfazioni e della propria, che è stata ed è un madre premurosa e presente; Così  dopo un lungo e sofferto travaglio,  concluse questo faticoso periodo nel modo più semplice e nobile...  arrendendosi a l'amore.

Pochi giorni prima di un natale, mi vollero conoscere, ci incontrammo in un campo neutro, un bar del centro, era un caldo pomeriggio invernale, seduti all'aperto bevavamo spritz e mangiavamo salatini, mentre io e mia suocera ci scrutavamo, Edu e suo padre erano già coalizzati per chiudere questo capitolo, parlammo di cose ordinarie, parlammo cordialmente, parlammo per conoscerci e sopratutto, perché amavamo Edu e Edu amava noi.
Ci alzammo da quelle sedie con un senso di benessere, allegeriti e inaspetatamente allegri. Io e Ines, nel momento dei saluti, ci stringemmo le mani più del necessario,  poi ci fissammo negli occhi e in quello sguardo tenero e un po timido, non c'èra nulla della sfinge algida e lapidaria dei mesi precedenti, le sue mani erano calde e accoglienti, <Alessandro, il venticinque per favore tieniti libero, vorremmo che ci fossi anche tu al nostro pranzo di natale>, poi mi diede un bacio sulla guancia.
Il tempo passa e nel loro album di famiglia, tra le foto di gruppo, ora ci sono anche io, eccoci li,
stretti stretti, per entrare tutti insieme nell'inquadratura, uniti in un unico ricordo... il nostro.

Per la 1°parte,  Clicca quì

lunedì

PRIMI TENTATIVI... (da una cosa, scritta nel gennaio 2008)

Abitavamo insieme da due anni, così in un freddissimo giorno di gennaio, in una mattina livida e senza sole, Edu mi propose di andare alla VI ° circoscrizione per il suo cambio definitivo di residenza; più volte ci eravamo detti che ci amavamo e che volevamo vivere per sempre insieme....e quello era un buon motivo per dimostrarcelo.
...Prendiamo il numeretto, compiliamo il foglio e ci mettiamo in fila, una pratica come un’ altra, la voce metallica annuncia < stiamo chiamando il 254 > ...siamo noi!
Dietro lo sportello una bella signora di circa cinquant'anni, che somigliava vagamente a Monica Vitti, ci attende, gli porgiamo il foglio della richiesta, scruta le nostre facce e chiede < Leggo, cambio di residenza per motivi sentimentali? > ...< Si ! , ci spalanca un sorriso e dice < La vedo dura, co sto Papa che pare peggio de Mussolini e sto governo che me pare uguale a gli altri, ma se sta benedetta legge dovesse passà, voi gia risultereste coppia...partite in vantaggio >, armeggia un po’ tra computer e stampante mentre ci parla di suo fratello omosessuale, che da un anno si è trasferito e  sposato in un non meglio precisato, < Su in Europa > e di come alla cerimonia, lei c'èra stata e avevano pianto tutti, pure la nonna Filomena, che nessuno voleva  e che se l'erano dovuta portare per forza. 
Alla fine mentre ci porge il foglio, legge le date di nascita e come per officiare alle nostre firme, dice con tono solenne < Vergine - Gemelli?... in bocca al lupo ! ; Poi ci passa la penna,
 Eduardo firma, poi mentre firmo io, mi accorgo che entrambi abbiamo un bel paio di occhi lucidi e così ci sorridiamo un pò impacciati. 
Usciti dagli uffici, siamo andati a festeggiare con spremute d'arancia e tramezzini tonno e carciofini, fuori dal bar, un pallido sole zafferano era spuntato tra i palazzoni della Tiburtina.
< Dai, prendiamo la macchina e torniamo a casa nostra! > .
.

giovedì

IL COMING-OUT DI EDUARDO 1°parte. febbraio 2006

Il coming out di Eduardo, fu più complesso del previsto.
Dopo una settimana dalla nostra prima cena, iniziammo a convivere, lui stava cercando un appartamento insieme con la sua amica di infanzia Elisa, tanto amata dalla sua famiglia ...e poi anche da me. 
 I genitori, con i quali Edu aveva vissuto fino a qualche giorno prima,  avevano accettato a malincuore la sua emancipazione definitiva; Fatto sta che Eduardo, quando si trasferì da me, li trovò preparati solo a metà < Ma non doveva essere Elisa?...Con chi stai abitando?... E adesso questa chi è? >, Edu rispondeva evasivo, che stava convivendo con una persona conosciuta da un po' e con la quale aveva instaurato un rapporto di conoscenza e, visto che la cosa era ancora fresca, preferiva non parlarne; Badate bene, quale figlio etero per definire la compagna, la fidanzata, la ragazza...usa il termine neutro e anonimo di persona? I genitori all'inizio, scambiarono la sua reticenza per timidezza e ogni volta che andava a cena da loro, lo punzecchiavano amorevolmente per saperne di più, dopo tutto erano passati pochi giorni.
Ad Elisa, che nel frattempo stava ancora cercando un altro coinquilino, non le restava che mentire spudoratamente durante le sempre più insistenti sessioni telefoniche alle quali la mamma di Edu, la costringeva, <...no,signora, non li ho ancora visti insieme, Edu sembra innamorato, è quello l'importante, no?... si, si, appena so qualcosa in più,  la richiamo io...ok .. a risentirci, un bacio, si le saluto anche mia madre. > Click!

I giorni insieme  diventavano settimane, il concetto di coppia, prendeva sempre più forma e sostanza, eravamo allegri e pieni di energia fisica e mentale, ci paragonavamo su tutto, gusti musicali, film, politica, senso dell'umorismo, cibi preferiti, punti di riferimento e visione della vita.

Intanto, i tentativi per sapere chi io fossi, proseguivano inesorabilmente.
Una sera,  mentre era a cena dai suoi, la madre, notando alcuni peli di Pedro ( il mio cane) sulla maglia di Edu, con simulata dolcezza gli disse, < Vedo che questa ragazza misteriosa,  ama i gatti, almeno dicci se è mora o bionda...> , balbettando Edu rispose <…. em ...bionda > e nervosamente chiuse il discorso, i genitori però, quella volta tentarono di riaprirlo, anche con una certa insistenza.
Era chiaro, con il passare del tempo, accusavano la botta, erano stati sempre preoccupati a non litigare a non aggredire, preoccupati a non spaventare il loro amato figlio, promuovendo un atteggiamento aperto e pronto al dialogo, ma il malumore iniziava a serpeggiare, la pazienza a finire e il self control a cedere.
Dopo tre  settimane, l'emergenza era da codice rosso, la tensione palpabile; Angelica, la sorella minore, sapeva dell'omosessualità del fratello da diverso tempo e sapeva perfettamente chi amava e con chi viveva, ma durante le sempre più frequenti discussioni, con e senza Edu, lei aveva mantenuto il segreto e anche quando la prendevano di mira, lei stoicamente negava di saper qualcosa e si metteva in modalità parafulmine.
 Edu, stancamente temporeggiava, ma la situazione era fuori controllo, la nostra felicità, stava costando ulcere ed emicranie, bisognava dirglielo, si ma come? 


...“Mamma, Papà la persona che amo e con la quale convivo, non è una bella e bionda giovane figa, che magari da qui a pochi anni, vi sfornerà nipotini a Go Go, ma … Taratataaà... Lui” (cioè io, che di biondo mi erano rimasti solo i peli sul petto e sulle braccia e a quanto a figa, non ne vedevo una, da un bel po’ di tempo)...magari, non proprio così, ma bisognava dirglielo.


 Una sera, eravamo a letto e proprio come succedeva a Casa Vianello, io sbottai.. < Uffa, Edu, devi chiarire con loro... ormai è un mese che viviamo insieme, vivere come due clandestini non è quello che voglio per noi, è medievale, è da complessati e rappresenta tutto quello che mi ripugna e che combatto, se non dici la verità, la mia stima per te è destinata a diminuire e amore e stima vanno di pari passo, fai l'uomo e che cazzo! > , ero stato volontariamente diretto e duro, perche quella condizione di torpore morale doveva risolversi e vista la tristezza e il tormento di Edu, avrei voluto che si risolvesse quanto prima.
Iniziammo a discuterne animatamente, ci confrontammo per diverse ore parlando d’identità morale, autenticità intellettuale e perfino  di famiglie elettive e famiglie biologiche.
Edu era uno straccetto preoccupato ed io mi sentivo il detentore della verità assoluta; Poi, a vederlo con quegli occhioni tristi e infantili che sommessamente evitavano i miei, fui io che capii una cosa...  Che quel senso di amore e gratitudine verso i genitori e la ricerca della nostra emancipazione possono essere un mix, capace di annichilire perfino King Kong, era successo anche a me.

 Mi alzai e diretto verso la cucina aggiunsi < Facciamo una pausa, ti faccio una camomilla, ti abbraccio un pochino e poi se ci va riprendiamo > .
Rannicchiato in un angolo del letto, con la tazza in mano, beveva a piccoli sorsi mentre mi ripeteva < lo so, hai ragione, è da perdenti vivere la propria omosessualità, nascosti, incorcati, non è il mio ruolo in questa società, non sono io e non siamo noi due > , mentre gli accarezzavo i piedi (è una cosa che lo rilassa totalmente), con tono rassicurante gli chiesi, cosa temesse di più < è il dispiacere di dover far cambiare ai miei, la percezione che hanno di me... > , lo interruppi < si, ma così avresti la possibilità di instaurare con loro un rapporto rinnovato e autentico, l'amore che loro provano per te,  si baserebbe su dati reali e non su false aspettative, che alla lunga creerebbero incomprensioni, silenzi e insincerità e l'inevitabile ipocrisia; L'autenticità, ridefinisce e rafforza la tua dignità e rimette in gioco la loro, è una possibilità per capire chi sei tu e chi sono veramente loro e adesso, se ci riesci, prova a dormirci su > .
La mattina seguente, era piovosa e grigia, Edu di cattivo umore e io compresi che riprendere il discorso, in quel momento sarebbe stato un massacro, così proposi < dai portiamo giù Pedro e andiamo a fare colazione al bar, ti va? >, dopo mezz'ora eravamo seduti a mangiare cornetti, il sorriso era tornato e Edu disse < non aspettarmi per cena, torno dai miei e glie lo dico, sta storia è diventata una barzelletta miseramente ridicola > ...quel giorno per telefono ci sentimmo diverse volte, ma evitammo il discorso.
Era sera, prima di entrare nel portone dei suoi, Edu mi fece una chiamata < Allora, secondo me, mia madre la prende bene, è una insegnate d'arte, in classe ha ragazzi gay e li ha sempre difesi, poi tra i miei amici storici c'è Daniele, gay super dichiarato che lei ha sempre trattato con amore e rispetto. Il problema potrebbe essere mio padre, ne ho parlato con Angelica e dice, che per lui sarà una batosta, però mi ha detto che lo devo fare, perché per papà ci sono prima i figli e poi il resto del mondo...ti chiamo quando esco..a dopo amore mio >
Dopo circa un'ora, mi richiama, il tono della voce è avvilito, le parole rallentate < ..Ale…è successo l'imprevedibile... in senso brutto, arrivo a casa e ti dico > … lavai quei due piatti della mia cena, rimisi delle cose in frigo, poi andai in soggiorno, mi misi seduto sul divano e preoccupato e rattristato aspettai il suo rientro.

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