domenica

IN MY SHOES


Oggi ho buttato le scarpe che mi ero comprato per il giorno del Civil partnership; Mi ricordo quando le ho viste in una vetrina di Grafton street a Dublino, ho pensato < Sono quelle giuste! Nere di vernice e dalla linea retrò > . Dal primo giorno che le ho indossate le ho tolte poche volte, erano le mie preferite, hanno girato con me per le strade di Roma, Tokio, NY... Hanno corso con me mentre rischiavo di perdere l'ultima metro oppure lasciate abbandonate per un po', mentre scalzo a Villa Borghese sentivo il prato fresco della primavera in arrivo; le ho portate raramente sotto i pantaloni classici, erano talmente comode che le usavo come sneakers sotto jeans e bermuda. Oggi mentre le guardavo, pensavo, le tengo come ricordo? Poi mi è venuta in mente una frase di G.G. Marquez “La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”.
E' vero, gli oggetti ci suggeriscono i ricordi, però più che al ricordo oggettivo è importante coglierne il senso, la consapevolezza, lasciare andare le mie scarpe vecchie e le storie legate ad esse, non significa dimenticarle, ma lasciarsi spazio per altre cose, altre storie da ricordare e ri-riempire quei vuoti nella "scarpiera" con "scarpe" nuove, che inevitabilmente si consumeranno e andranno sostituite... non è forse questo il senso della rigenerazione ?
 Quindi, oggi niente malinconie! le mie scarpe preferite le ho avute finchè hanno svolto onorevolmente il loro compito, quello di farmi camminare e con molto stile!
Poco più di tre anni fa, una commessa sorridente mi ha infilato quelle bellissime scarpe nuove e scintillanti (nel vero senso del termine) in una elegante shopper di cartoncino scuro con manici in tela e oggi mentre sorridevo teneramente, quelle stesse scarpe dalle punte rovinate e deformate,  le ho infilate in un sacchetto di plastica azzurro e a quest'ora staranno già viaggiando per qualche discarica... nulla di drammatico è la vita!

lunedì

PICCOLE OMO FOBIE TRA AMICI

L'altro giorno stavo parlando con un giovane regista che della comicità cinica e della satira ne ha fatto la sua interpretazione della realtà sociale... Non dirò chi è, ma a me spesso diverte e piace molto.
Faccio questa premessa perché parlando di attualità, la conversazione è dirottata sul tema dei diritti degli omosessuali italiani e sulla percezione che ne abbiamo in Italia; Sono rimasto molto sorpreso quando anche lui (eterosessuale e di sinistra) come moltissimi altri, mi raccontava che < ... il vero problema sono gli esibizionisti, quelli che ostentano e pretendono rispetto... molti di “Voi” (omosessuali) sbagliano a comportarsi come delle checche isteriche, vestiti da fashion victims, a la gente queste persone risultano insopportabili, dovreste assumervi più responsabilità... > lo interrompo e gli chiedo < Quindi se tutti i gay italiani cominciassero a comportarsi bene, a vestirsi in maniera sobria, a parlare sottovoce e a non muovere troppo i polsi mentre gesticolano...i diritti che in quasi tutto il mondo occidentale ci hanno riconosciuto, “Voi” (eterosessuali) italiani ce li concedereste?>... < Penso proprio di si!> è stata la sua risposta.
… E' vero che in Italia c'è una cultura maschilista, sessista e omofobica, estremamente introiettata anche e purtroppo tra gli omosessuali stessi, ma sostenere serenamente che i diritti sociali che ci vengono sottratti individualmente appena facciamo coming out, appena decidiamo di condividere un percorso di vita con un'altra persona, siano in realtà concessioni che ci verrano date solo se riconosciuti meritevoli... è un concetto alquanto disgustoso e antidemocratico. I diritti di solito vengono tolti a chi commette un crimine, proprio come punizione.
 Il mio amico, giovane regista,  spesso utilizza tematiche gay per far ridere, ma in realtà non  si è mai soffermato a pensare che “Noi” (omosessuali) siamo ancora considerati cittadini di serie B e che quando uno se la prende con una minoranza debole per strappare una risata, non fa più della sana satira,  ma suggerisce al pubblico un giudizio che è più vicino al concetto stesso di bullismo, piuttosto che  alla  ricerca di una reale libertà di espressione.

Un immenso Ennio Flaiano, usava dire “In Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti“