Il 22 Maggio in Irlanda ci sarà un referendum per rendere il matrimonio civile un'istituzione accessibile anche alle coppie omosessuali. Tre anni fa, proprio a Dublino, abbiamo contratto la civil partnership, che resta l'unione più completa prima del matrimonio. Allora, se i diritti sono simili, che bisogno ci sarebbe di questo referendum? Semplice: dare a tutti le stesse opportunità e la stessa dignità che poi è la prerogativa di uno Stato realmente democratico. La risposta più significativa però me l'ha data Elan, una giovane donna che con suo marito e i suoi 4 figli abita vicino casa nostra a Dublino.
"Alex, certo che andrò a votare e naturalmente voterò sì". "Ho quattro figli - continua - e se uno di loro dovesse essere gay non vorrei un giorno mi dicesse:
'Mamma, con il tuo voto avresti potuto cambiare le cose e non lo hai fatto!'...non me lo perdonerei mai". Elan non è una radical chic e nemmeno una hippy; Pensate che per il loro matrimonio hanno messo i soldi da parte per anni, pur di sposarsi a Roma, perché da cattolici era questo che desideravano più di tutto. Con Elan ci siamo conosciuti una mattina mentre camminavamo verso il bar dove facciamo spesso colazione. Lei ci guardava parlare animatamente e sul punto di incrociarci disse in un italiano approssimativo:" Voi italiani make me felice!", con Edu abbiamo capito subito che quella ragazza cicciottella, sorridente e assai bizzarra nel vestire secondo gli standard italiani, sarebbe diventata nostra amica.
A Elan abbiamo smontato un mito quando le abbiamo detto che in Italia non esiste nessuna forma di tutela civile per le coppie gay. "Ma come? Voi italiani fissati per la famiglia, ma nessun italiano pensa ai propri parenti omosessuali?". Con Edu, mossi da un orgoglio nazionale, pur di salvare la nostra Italia abbiamo provato a dare tutta la colpa al Vaticano, ma abbiamo peggiorato le cose. "Ma che dite? Lo Stato Vaticano, non è mica l'Italia, è nostro compito difendere la libertà individuale, se no finiremo anche noi vestiti tutti di nero da capo a piedi e io ai miei vestiti colorati non ci rinuncio; ve lo dico da irlandese e da devota alla chiesa romana". Mentre parlava io e Edu pensavamo: "Che donna e mamma super, la nostra amica!". Poi per chiudere aggiunse: "Che gli italiani fossero ancora così indietro e così egoisti con i gay non me lo aspettavo proprio".
Confrontandomi su questo tema, sia con amici europei che italiani, ho compreso il punto nodale che ci differenzia dal resto dell'Europa. Noi italiani confondiamo la reazione con l'azione. Sempre pronti a reagire, sempre bravi a scrivere commenti chilometrici e a postare link su Facebook, sempre bravi a gridare "Barabba Barabba"! Sempre pronti con le nostre oscure logiche tribali a riconoscere come assolute solo e soltanto le nostre esigenze. Così succede che l'azione viene meno e tutto resta disperatamente rassicurante e immobile.
Mentre sto scrivendo mi trovo a Dublino e Edu, insieme a molte altre persone, compresa la nostra amica Elan, sta facendo "canvassing", cioè quell'attività tramite cui persone contrastano la politica reazionaria e bigotta dei NO. Quando possono, e volontariamente, vanno porta a porta con la loro bella spilletta "YesEquality" appuntata sul petto, per convincere tutti quegli indecisi ad andare a votare e naturalmente votare per il sì.
Edu quando rientra a casa, mi racconta quello che gli succede. Mi racconta di quelle persone che gli sbattono la porta in faccia, quasi sempre maschi, quasi sempre intorno ai quaranta, ma anche di quelle persone inaspettatamente favorevoli che sono anziani, donne anziane in particolare. Forse perchè in un paese dove il significato della famiglia è così vivo e centrale, i vecchi non si esentano dalla nobile responsabilità di essere considerati i saggi di casa.
Ho le lacrime..
RispondiElimina<3 !
EliminaCiao signore e signora.
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