giovedì

CLARETTA ON MY MIND




Vi voglio parlare di Claretta, un travestito di professione, ma anche molto altro... ed io ho avuto l'onore di conoscerlo pochi anni prima della sua morte.

Nel '98 scelsi di abitare al Quadraro vecchio, un piccolo quartiere nella periferia sud-est di Roma.
Io allora ero solo un giovane borghese alle prese con la mia emancipazione e l'accettazione della mia omosessualità. 
Incontravo Claretta al giardinetto sotto casa, entrambi portavamo i nostri cani lì a fare i loro bisogni, il giardinetto e i nostri cani sancirono nel tempo i nostri appuntamenti casuali.
 La prima volta lo scambiai per una anziana matrona dalla corporatura imponente, portava i capelli tinti di biondo raccolti in una coda alta, indossava maglie larghe che coprivano un petto  e una pancia prosperosa, ma le sue gambe erano ancora lunghe e affusolate, poi capii che era un uomo dalla voce e dalla presenza ingombrante.
 I primi mesi, quando lo vedevo avvicinarsi, con la sua barboncina bianca ero turbato e imbarazzato e appena lo salutavo e il mio cane iniziava a giocare con la sua, io non sapevo cosa dire, che fare. Claretta era troppo per me e mi metteva davanti al mio limite, che appunto era il mio limite, non il suo.
 Lui, invece percependo il mio imbarazzo, dopo qualche incontro, iniziò goliardicamente a raccontarmi le sue storie di 'vita' e, da come le raccontava, capivo che era una cosa che faceva spesso; Si divertiva a mettere alla prova il pudore delle persone. 
Con i mesi però i racconti allegri lasciarono il passo a storie di umiliazioni e violenza, di ricatti e di solitudine in una Roma degli anni '60 / '70. 
Più lo ascoltavo e facevo domande, più la mia compassione e la mia spiritualità maturavano. Anche se il suo tono era sempre leggero, a volte mentre raccontava mi venivano gli occhi lucidi e allora lui buttava lì qualche battuta volgare e mi faceva ridere.
 Una volta mi riprese, perché mi rivolsi a lui al femminile dicendomi "Ma, in questo momento non sono travestito, non sarò un maschio maschio, però sono un uomo!" e io, sempre più disorientato, iniziavo ad intuire. 

Della sua malattia non ne abbiamo mai parlato e voglio credere che quel tempo così prezioso che mi ha concesso, fosse una specie di eredità, un amuleto verbale contro la crudeltà e la cattiveria di quella parte di società ipocrita e perbenista, quella parte di società, che non vede, non sente, ma parla.

Con quel suo modo di fare, esponendosi così pienamente alla vita, mi ha insegnato molto e mi ha aiutato a comprendere cos'è l'empatia e l'importanza dell' aver coraggio. 
E se oggi riesco a vivere la mia condizione di 'diverso' con meno frustrazioni e con amore, sento che una parte della mia riconoscenza va sicuramente a lui. 

Claretta, un essere mitologico, una creatura a metà strada tra una amazzone cacciatrice e un uomo riflessivo, sensibile, spavaldo e divertente. Claretta che pur avendo sofferto profondamente, non si è mai arreso alla bruttezza interiore e fino alla fine è rimasto umano, luminoso e, quando indossava un tacco 12... favolosa !!!

4 commenti:

  1. ci vorrebbe una Claretta nella vita di ognuno di noi. per imparare a rispettare quello che siamo, che è la cosa più difficile, piuttosto che chiedere solo che venga rispettato dagli altri!
    il quadraro tu pensa l'ho scoperto solo un paio di anni fa. e so romano da quasi 40. assurdo

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  2. Claretta, che ricordi.. ero una pupa all'epoca.. 6 o 7 anni e per un breve periodo ho abitato a Via dei Ciceri. Mia zia a Via dei Quintili proprio sopra la parrucchiera che, guarda un pò, era la base di Claretta. E' stato il primo approccio al mondo omosessuale e l'intelligenza di mia madre fu quella di spiegarmi perchè quella che io chiamavo Signora era un pò signora e un pò signore. Claretta è rimasta relegata per tanti anni nei meandri del mio cervello e puf ora torna fuori con un link condiviso da un amica su Facebook. Claretta mi stava simpatica, era come la mia bisnonna, tanta e forte, spavalda e scostumata, divertente e triviale, eppure.. si.. in quel volto quasi mai truccato c'era tanta tristezza, ma anche tanta gentilezza.

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